giu172020
Le dichiarazioni di terzi assunte in sede extraprocessuale hanno valenza indiziaria e sono utilizzabili nel processo tributario (Cassazione tributaria, sentenza n. 9903/2020)
Nel giudizio dinnanzi alle Commissioni tributarie, è riconosciuta anche al contribuente la possibilità di introdurre dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale aventi il valore probatorio proprio degli elementi indiziari.
Invero, secondo la giurisprudenza di legittimità "nel processo tributario, il divieto di prova testimoniale previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 si riferisce alla prova testimoniale da assumere con le garanzie del contraddittorio e non implica, pertanto, l'impossibilità di utilizzare, ai fini della decisione, le dichiarazioni che gli organi dell'amministrazione finanziaria sono autorizzati a richiedere anche ai privati nella fase amministrativa di accertamento e che, proprio perchè assunte in sede extraprocessuale, rilevano quali elementi indiziari che possono concorrere a formare, unitamente ad altri elementi, il convincimento del giudice" (Cass., sez. 5, 7 aprile 2017, n. 9080; Cass. n. 16711 del 9/8/2016; Cass. 5 aprile 2013, n. 8639).
Secondo gli ermellini, "la valenza indiziaria riconosciuta alle dichiarazioni di terzi anche in favore della parte contribuente costituisce, infatti, concreta attuazione dei principi del giusto processo ex art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), ratificata e resa esecutiva dalla L. 4 agosto 1955, n. 848 (Cass. sez. 6-5, ord. 28 aprile 2015, n. 8606 e giurisprudenza della Corte EDU ivi richiamata, tra cui Corte EDU 23 novembre 2006, Jussilla contro Finlandia, e 12 luglio 2001, Ferrazzini contro Italia), e garantisce il principio di parità delle armi processuali, nonchè l'effettività del diritto di difesa (Cass. n. 18065 del 14/9/2016; Cass. n. 20028 del 30/9/2011; Cass. 8987 del 12/4/2013).
Per un approfondimento, in allegato la sentenza in commento.
Invero, secondo la giurisprudenza di legittimità "nel processo tributario, il divieto di prova testimoniale previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 si riferisce alla prova testimoniale da assumere con le garanzie del contraddittorio e non implica, pertanto, l'impossibilità di utilizzare, ai fini della decisione, le dichiarazioni che gli organi dell'amministrazione finanziaria sono autorizzati a richiedere anche ai privati nella fase amministrativa di accertamento e che, proprio perchè assunte in sede extraprocessuale, rilevano quali elementi indiziari che possono concorrere a formare, unitamente ad altri elementi, il convincimento del giudice" (Cass., sez. 5, 7 aprile 2017, n. 9080; Cass. n. 16711 del 9/8/2016; Cass. 5 aprile 2013, n. 8639).
Secondo gli ermellini, "la valenza indiziaria riconosciuta alle dichiarazioni di terzi anche in favore della parte contribuente costituisce, infatti, concreta attuazione dei principi del giusto processo ex art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), ratificata e resa esecutiva dalla L. 4 agosto 1955, n. 848 (Cass. sez. 6-5, ord. 28 aprile 2015, n. 8606 e giurisprudenza della Corte EDU ivi richiamata, tra cui Corte EDU 23 novembre 2006, Jussilla contro Finlandia, e 12 luglio 2001, Ferrazzini contro Italia), e garantisce il principio di parità delle armi processuali, nonchè l'effettività del diritto di difesa (Cass. n. 18065 del 14/9/2016; Cass. n. 20028 del 30/9/2011; Cass. 8987 del 12/4/2013).
Per un approfondimento, in allegato la sentenza in commento.