feb142022

Il reato di istigazione all'odio e l'utilizzo corretto dei social

In un mondo sempre più connesso alla rete è necessario acquisire una solida consapevolezza di quelle che possono essere le conseguenze di quanto ciascuno di noi mette in atto sui social networks.
Si tratta dell'insegnamento lato che si estrapola dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 4534/2022, in allegato, la quale respinge, in particolare, il ricorso contro una misura cautelare disposta dal GIP per il reato di istigazione all'odio razziale.

Nel caso di specie, il soggetto veniva indagato per tale reato con riferimento alla sua attività sui social, che lo vedeva interagire con una comunità neonazista il cui scopo si concretizzava nella propaganda e nell'incitamento all'odio razziale. Questa comunità adoperava diverse piattaforme, soprattutto Whatsapp, Facebook e VKontacte, per diffondere queste idee legate al concetto di superiorità della razza. L'indagato, in particolare, aveva fisicamente incontrato alcuni di questi neonazisti, contribuendo anche alla diffusione delle ideologie tramite likes e ri-condivisione dei posts antisemiti tramite vari account a lui ricollegati.
La difesa si era soffermata sul fatto che gli incontri fisici con questi adepti erano irrilevanti ai fini di un reato, quale quello di istigazione all'odio, che scatta per propaganda di idee online e per diffusione di messaggi, e aveva sostenuto che i likes costituivano semplice espressione di gradimento, non potendo essi dimostrare l'appartenenza dell'indagato all'organizzazione, sostenendo soprattutto che i contenuti rimanevano all'interno della protetta sfera della libera manifestazione di pensiero.

Tuttavia, la Cassazione aderisce alle conclusioni presentate dal Tribunale del riesame: le numerose condivisioni dei posts e le manifestazioni di adesione si sono avute in riferimento a contenuti ampiamente discriminatori, dove ad esempio la Shoah veniva indicata come mai avvenuta e gli ebrei identificati come veri nemici, negando peraltro una verità storica e ponendosi ad un estremismo considerato ampiamente negazionista.
I reati di propaganda e di incitamento all'odio razziale sono stati dunque considerati sussistenti in virtù del concreto pericolo rappresentato dalla diffusione dei messaggi e di tali contenuti, anche in considerazione delle modalità di funzionamento degli algoritmi dei social networks, che pongono sempre in evidenza i posts che hanno ricevuto più apprezzamenti espressi tramite likes.

Il reato di istigazione all'odio e l'utilizzo corretto dei social

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