nov122018

Nullo l’avviso di accertamento se il Pvc citato non è allegato o riprodotto

L’avviso di accertamento motivato per relationem, senza che sia allegato l’atto richiamato o che ne sia stato riprodotto il contenuto essenziale, è nullo per violazione dell’articolo 7, comma 1, legge 212/2000.
Questo è quanto ha affermato la CTP di Ascoli Piceno nella sentenza 249/2/2018, che si è posta in continuità con la pacifica giurisprudenza di legittimità sulla motivazione della pretesa impositiva.
La CTP ha ricordato che il contribuente deve essere reso edotto delle ragioni fondanti la pretesa impositiva ab origine, al fine di poter eventualmente contestare efficacemente l’an e il quantum debeatur ed essere quindi posto nella condizione di poter esercitare il proprio diritto di difesa costituzionalmente garantito.
Affinchè ciò possa essere possibile, il contribuente non solo deve poter essere in grado di comprendere il motivo della pretesa, ma deve anche poter conoscere le fonti di prova che la sorreggono.
Nel caso di specie, l’agenzia delle Entrate ha fondato l’avviso, relativo a prestazioni asseritamente fittizie rese al contribuente da società cartiere, basandosi sul richiamo a taluni processi verbali di constatazione redatti nei confronti di altre società ma non allegati all’avviso di accertamento, né riprodotti tramite l’indicazione dell’oggetto, del contenuto e dei destinatari dei rilievi.
La CTP, richiamando tra le tante la giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. 562/2017), ha annullato l’avviso di accertamento impugnato ed ha ritenuto che, stante la mancata allegazione e riproduzione del Pvc citato, la società ricorrente, a causa del vizio di motivazione, non avesse potuto verificare e/o contraddire i presupposti alla base dell’avviso di accertamento.

Di seguito il ragionamento della Ctp:
“L’art. 7 della legge n. 212/2000, relativa allo statuto del Contribuente, non vieta la motivazione per relationem, ma prevede obbligatoriamente per l’ufficio che “se nella motivazione si fa riferimenti ad un altro atto, questo dev’essere allegato all’atto che lo richiama.”
La Suprema Corte con la sentenza n. 15348 del 25 luglio 2016 ha confermato un principio di diritto ormai consolidato secondo cui (vds. Anche Cass. 6914/2011) “nel regime introdotto dall’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente – e al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento”, nel contempo, ha ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento per mancata allegazione nell’avviso in questione degli atti in esso richiamati.
L’articolo 7 della legge n. 212/2000, pertanto, ha inteso assecondare e fare propria una nozione di motivazione, comprendente non solo le ragioni di diritto, ma anche i presupposti di fatto, e soprattutto, i passaggi logici che conducono dalle acquisizioni istruttorie alla decisione finale dell’Amministrazione.
In sostanza i documenti cui si fa rinvio devono essere conosciuti o agevolmente conoscibili dal contribuente e tali non sono né le indagini informatiche presso banche dati nella disponibilità esclusiva dell’ufficio finanziario, né le indagini di PG a carico di terzi.
Analoga è la logica dell’art. 42 del d.p.r. 600/73.”
Commissione Tributaria provinciale di Ascoli Piceno, sentenza 249/2/2018

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