apr272020
AUTO-CERTIFICAZIONE DI EVENTUALI CONDANNE IN PROCEDIMENTI PENALI. INDISPENSABILE DICHIARARLE TUTTE?
Nel rapporto con le pubbliche amministrazioni può essere richiesto al privato di dichiarare, attraverso un’autocertificazione, se è stato oggetto di provvedimenti di condanna o indagato in un procedimento penale. Le attestazioni sottoscritte dal cittadino in questa sede hanno valore probatorio in quanto sostituiscono un certificato amministrativo. Per tale funzione sostitutiva vige l’obbligo di dichiarare il vero, altrimenti l’art 76 del DPR n.445/2000 prevede venga applicata una sanzione penale riconosciuta ormai univocamente dalla giurisprudenza nella fattispecie ex art.493 c.p. “Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico”. Per verificare la veridicità del contenuto attestato dal privato la P.a. può richiedere il certificato sostituito e confrontarne il contenuto.
Numerosi dubbi sorgono in capo al privato nelle dichiarazioni in merito ai procedimenti penali, in particolare in riferimento alle condanne con il beneficio della “non menzione”.
Quest’ultima è un istituto giuridico che prevede, nei casi indicati dal codice penale, la possibilità di non iscrivere la condanna nel certificato del Casellario giudiziario richiesto dal privato. La ratio risiede nel semplificare la riabilitazione sociale del condannato eliminando l’effetto negativo della pubblicità della pena.
La giurisprudenza è concorde nel ritenere obbligatoria la dichiarazione di tutti i procedimenti penali, anche se soggetti alla “non menzione”, quando a richiederla sono le P.a. Tuttavia una recente sentenza della Cassazione ha deciso in modo opposto, tenuto conto delle novità normative introdotte con il decreto legislativo 2 ottobre 2018 n.122.
Un signore, al fine di essere inserito nella graduatoria per il personale A.T.A., aveva presentato un atto notorio sostitutivo di dichiarazione, nel quale non indicava di essere stato oggetto di un procedimento penale definito con patteggiamento. Era stato condannato in secondo grado per falso e truffa ma la sentenza viene cassata perché il fatto non sussiste. I giudici hanno rilevato che, alla luce delle riforme al T.U. del Casellario, la P.a. possa richiedere due tipi di certificato del casellario, selettivo (sono elencati solo i provvedimenti penali collegati alla funzione della P.a. richiedente) e il generale (tutti i provvedimenti definitivi in materia penale, civile e amministrativa), ma in entrambi questi documenti sono escluse le condanne oggetto di “non menzione”. Per tale ragione il cittadino ha l’obbligo di dichiarare unicamente il contenuto del certificato.
“Dall'insieme di tali disposizioni si ricava che allorché D.G. redigeva la dichiarazione con l'atto sostitutivo di atto notorio non era tenuto a dichiarare nulla di più di quanto sarebbe risultato dal certificato penale, con la non menzione ex lege della sentenza di applicazione di pena. Tale ricostruzione esegetica è ora espressamente confermata dalla nuova versione dell'art. 28, comma 8 D.P.R. citato, non in vigore all'epoca dei fatti per cui vi è giudizio: "L'interessato che, a norma del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, artt. 46 e 47 rende dichiarazioni sostitutive all'esistenza nel casellario giudiziale di iscrizioni a suo carico, non è tenuto a indicare la presenza di quelle di cui (...) all'art. 24, comma 1". Dunque, non è tenuto a indicare le iscrizioni dei "provvedimenti previsti dall'art. 445 c.p.p. quando la pena irrogata non superi i due anni di pena detentiva soli o congiunti a pena pecuniaria": è ciò che è accaduto nel presente processo, avendo D.G. concordato l'applicazione della pena di quattro mesi di reclusione” (Cass. Pen. Sez. II del 30/04/2019, n. 37556).
Numerosi dubbi sorgono in capo al privato nelle dichiarazioni in merito ai procedimenti penali, in particolare in riferimento alle condanne con il beneficio della “non menzione”.
Quest’ultima è un istituto giuridico che prevede, nei casi indicati dal codice penale, la possibilità di non iscrivere la condanna nel certificato del Casellario giudiziario richiesto dal privato. La ratio risiede nel semplificare la riabilitazione sociale del condannato eliminando l’effetto negativo della pubblicità della pena.
La giurisprudenza è concorde nel ritenere obbligatoria la dichiarazione di tutti i procedimenti penali, anche se soggetti alla “non menzione”, quando a richiederla sono le P.a. Tuttavia una recente sentenza della Cassazione ha deciso in modo opposto, tenuto conto delle novità normative introdotte con il decreto legislativo 2 ottobre 2018 n.122.
Un signore, al fine di essere inserito nella graduatoria per il personale A.T.A., aveva presentato un atto notorio sostitutivo di dichiarazione, nel quale non indicava di essere stato oggetto di un procedimento penale definito con patteggiamento. Era stato condannato in secondo grado per falso e truffa ma la sentenza viene cassata perché il fatto non sussiste. I giudici hanno rilevato che, alla luce delle riforme al T.U. del Casellario, la P.a. possa richiedere due tipi di certificato del casellario, selettivo (sono elencati solo i provvedimenti penali collegati alla funzione della P.a. richiedente) e il generale (tutti i provvedimenti definitivi in materia penale, civile e amministrativa), ma in entrambi questi documenti sono escluse le condanne oggetto di “non menzione”. Per tale ragione il cittadino ha l’obbligo di dichiarare unicamente il contenuto del certificato.
“Dall'insieme di tali disposizioni si ricava che allorché D.G. redigeva la dichiarazione con l'atto sostitutivo di atto notorio non era tenuto a dichiarare nulla di più di quanto sarebbe risultato dal certificato penale, con la non menzione ex lege della sentenza di applicazione di pena. Tale ricostruzione esegetica è ora espressamente confermata dalla nuova versione dell'art. 28, comma 8 D.P.R. citato, non in vigore all'epoca dei fatti per cui vi è giudizio: "L'interessato che, a norma del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, artt. 46 e 47 rende dichiarazioni sostitutive all'esistenza nel casellario giudiziale di iscrizioni a suo carico, non è tenuto a indicare la presenza di quelle di cui (...) all'art. 24, comma 1". Dunque, non è tenuto a indicare le iscrizioni dei "provvedimenti previsti dall'art. 445 c.p.p. quando la pena irrogata non superi i due anni di pena detentiva soli o congiunti a pena pecuniaria": è ciò che è accaduto nel presente processo, avendo D.G. concordato l'applicazione della pena di quattro mesi di reclusione” (Cass. Pen. Sez. II del 30/04/2019, n. 37556).