mag202019

Stupefacenti e lieve entità – Cass. pen., sez. VI sent n. 21159 del 2019.

“In tema di reati concernenti stupefacenti, la fattispecie autonoma di cui al comma quinto dell’art. 73 del DPR 309 del 1990 è configurabile nelle ipotesi di cd. “piccolo spaccio”, che si caratterizza per una complessiva minore portata dell’attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, con una ridotta circolazione di merce e denaro nonché di guadagni limitati e che ricomprende anche la detenzione di una provvista per la vendita che, comunque, non sia superiore – tenendo conto del valore e della tipologia della sostanza stupefacente – a dosi conteggiate a “decine”. (in senso conforme: Cass. pen., sez. VI, n. 15642 del 2015; Cass. pen., sez. VI, n. 41090 del 2013).
La sentenza delle Sezioni Unite n. 51063 del 2018 ha consolidato il superiore orientamento, affermando che il comma 5 dell’art. 73 è fattispecie finalizzata ad attenuare il severo regie sanzionatorio stabilito per le condotte illecite previste dai precedenti commi dell’art. 7, nell’ipotesi in cui, “per i mezzi, per le modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e la quantità delle sostanze”, i fatti tipizzati negli stessi commi siano di “lieve entità”.
Anche nella prospettiva della autonoma configurazione del reato, non è mai mutata nel testo della succitata disposizione la “descrizione dell’elemento specializzante” (Cass. pen., sez. III n. 6871 del 2016) ed in particolare dei parametri funzionali all’individuazione dei fatti di lieve entità e cioè degli indici concreti che denotano la minima offensività della condotta. (in senso conforme: Cass. pen., sez. IV, n. 15020 del 2014; Cass. pen., sez. VI, n. 9892 del 2014; Cass. pen., sez. III, n. 27064 del 2014).
La Suprema Corte ha ribadito che rimangono attuali i principi affermati in precedenti arresti del Supremo Collegio (Cass. sez. unite, n. 35737 del 2010 e Cass. sez. unite, n. 17 del 2000) secondo cui la lieve entità del fatto può essere riconosciuta in ipotesi di “minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità e circostanze dell’azione): con tali arresti si affermava che ove uno degli indici previsti dalla legge fosse risultato negativamente assorbente, ogni altra considerazione sarebbe rimasta priva di incidenza sul giudizio.”
Questa lettura del dato normativo […] è stata ribadita come la più aderente al dettato normativo, posto che il comma 5 dell’art. 73 elenca in maniera indistinta i diversi indicatori selezionati (limitandosi a raggrupparli a seconda che essi si riferiscano alla condotta od all’oggetto materiale del reato), astenendosi a stabilire un ordine gerarchico tra gli stessi o anche solo dall’attribuire ad alcuni un maggiore valore sintomatico, ma, soprattutto, perché la disposizione citata condiziona la determinazione della lieve entità del fatto proprio su di una pluralità di elementi sintomatici.
La ratio che ha ispirato la introduzione della fattispecie di lieve entità è stata quella di rendere la risposta repressiva in materia di stupefacenti compatibile con i principi di offensività e proporzionalità, nella consapevolezza del carattere variegato e mutante del fenomeno criminale cui si rivolge.
In tale ottica, già al momento della qualificazione, è richiesto di valutare la minore offensività del fatto, considerandolo nella sua concreta singolarità (e cioè effettiva consistenza lesiva) mediante la globale valutazione di tutti i dati sintomatici descritti dalla norma e delle relazioni intercorrenti tra i medesimi.”

Per un approfondimento si allega la sentenza.

Stupefacenti e lieve entità – Cass. pen., sez. VI sent n. 21159 del 2019.

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