Testimonianza della persona offesa: valutazione della prova
L'art. 192, co. 3, c.p.p. dispone che "le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato o da persona imputata in un procedimento connesso a norma dell'articolo 12 sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità".
Tale regola in tema di valutazione della prova no si applica, tuttavia, alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, adeguatamente motivata, della sua credibilità soggettiva e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto.
Tale controllo può e, anzi, deve perciò essere più rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi altro testimone.
Inoltre, nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile, si può verificare il riscontro delle sue dichiarazioni confrontandole con altri elementi, i quali, tuttavia, non rappresentano il fattore di validazione di esse, ma devono essere idonei ad escludere l'intento calunniatorio del dichiarante.
É quanto riaffermato di recente dalla Suprema Corte di Cassazione con sent. 40504/2024 - che si allega -, nel solco di giurisprudenza oramai consolidata.