mar022023

Il reato di sostituzione di persona nei social network

L'art. 494 c.p., che disciplina il reato di sostituzione di persona, stabilisce che "Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all'altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, è punito, se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica, con la reclusione fino ad un anno."

Nel caso di creazione di un profilo virtuale falso, si configura tale reato?

Secondo la giurisprudenza di Cassazione sì, qualora l'agente induca in errore un altro soggetto sostituendo la propria con una persona altrui, attribuendosene le caratteristiche.
Affinché la fattispecie possa ritenersi integrata, inoltre, è necessario che l'autore di reato abbia posto in essere la condotta con il fine di procurare a se stesso o ad altri un vantaggio oppure con lo scopo di arrecare un danno altrui (Cass. pen. n. 23760/2020; Cass. pen. n. 25774/2014).

Più nello specifico, nel caso di profili social, la falsificazione dell'identità personale riguarda solamente estremi virtuali, e non dati materiali: ciò significa che rientrano nella concezione di "qualità personali" con effetti giuridici (elemento richiamato dalla norma) tutta quella gamma di informazioni non "fisiche" legate all'utente, quali ad esempio le credenziali di accesso a siti e servizi web e ad account di posta elettronica, il nickname e in generale ogni informazione d'identità del soggetto.

Archivio