feb022022

Nuove considerazioni della Cassazione sulla bancarotta

Il 2022 si è aperto con una serie di importanti pronunce in tema di bancarotta, andando a delineare in modo più chiaro i confini entro cui il fatto costituisce tale reato.

Primariamente, è bene ricordare il contenuto dell'art. 216 della legge fallimentare: "È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che:
1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
La stessa pena si applica all'imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.
È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.
Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l'inabilitazione all'esercizio di una impresa commerciale e l'incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa".
Anche il testo dell'art. 217 della legge fallimentare risulta utile per comprendere al meglio le considerazioni della Corte di Cassazione: "È punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell'articolo precedente:
1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica;
2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti;
3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento;
4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;
5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.
La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall'inizio dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.
Salve le altre pene accessorie di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna importa l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e l'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a due anni."


Merita approfondimento come prima di queste importanti pronunce la sent. 05.01.2022, n. 118, nella quale la Suprema Corte sottolinea che per integrare il reato di bancarotta non è sufficiente la cattiva gestione dell'impresa che è stata poi dichiarata fallita, ma piuttosto sono da dimostrare l'aver posto in essere condotte specificamente volte a ritardare il fallimento (o, nel caso di bancarotta fraudolenta, ex art. 216 L.F., ad arrecare un pregiudizio ai creditori).
In caso di bancarotta semplice, le condotte rilevanti consistono solamente in quelle atte a ritardare il fallimento o quelle considerate "gravemente imprudenti"; nella bancarotta fraudolenta, invece, occorre dunque la maggiore prova della consapevolezza della situazione di dissesto in cui versa l'impresa.
Ecco che la Cassazione sottolinea però che la sottocapitalizzazione - ovvero una situazione in cui non vi sono mezzi propri sufficienti a soddisfare il livello richiestone dagli obiettivi d'azienda - di una società non costituisce l'unico indice di dissesto, e dunque il reato di bancarotta semplice non può dirsi dimostrato per questo solo fatto, anche se da esso possono naturalmente discendere maggiori problematicità legate alla possibilità di onorare i propri debiti.
Nella bancarotta fraudolenta, per conto, la Suprema Corte ritiene necessario provare la finalità di profitto per se o per altri perseguita dall'imprenditore, oppure la sua specifica volontà di arrecare pregiudizio ai creditori.

La seconda sentenza da tenere in considerazione è la n. 1369 del 14.01.2022, nella quale la Cassazione si è espressa in termini precisi, indicando che la condotta integrante il reato di bancarotta fraudolenta possa essere ravvisata, in riferimento alle scritture contabili obbligatorie non tenute regolarmente dall'imprenditore, solamente qualora vi sia la prova del dolo generico, ovvero della consapevolezza di rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio in caso di dissesto. La prova del dolo sarebbe, secondo la Suprema Corte, derivabile dal comportamento del fallito che non presenta la documentazione relativa alle operazioni precedenti il fallimento.

Ancora, si deve menzionare la sent. del 18.01.2022, n. 2036, che sempre in tema di scritture contabili ha visto escludere da parte dei giudici di legittimità il fatto che la prova dell'intenzione di procurare a se o ad altri un ingiusto profitto o di voler arrecare un pregiudizio ai creditori possa essere dedotta dalla falsità dell'indicazione sul soggetto a cui spettava la custodia della documentazione contabile data dall'amministratore della società al curatore.

Da ultimo, una serie di pronunce che hanno contribuito a delimitare i confini chiari del reato di bancarotta in riferimento a specifici aspetti:
- L'imprenditore che, per colpa grave o omettendo di richiedere il fallimento, provoca l'aggravamento del dissesto economico-finanziario dell'impresa, risponde di bancarotta semplice, non rilevando il mero ritardo nella richiesta, quanto piuttosto la consapevole omissione di richiesta come emergente dalle scelte gestionali. Sent. Cass. n. 118 del 05.01.2022;
- Qualsiasi documento contabile relativo all'impresa da cui si può ricavare informazioni relative alla sua gestione può essere oggetto del reato di bancarotta fraudolenta documentale. Sent. Cass. n. 1369 del 14.01.2022;
- La sottrazione, la distruzione o l'omessa tenuta delle scritture contabili mira ad arrecare pregiudizio ai creditori nella bancarotta fraudolenta documentale, ma questo scopo non può essere dimostrato con il richiamo di ulteriori finalità alternative non plausibili. Sent. Cass. n. 120 del 05.01.2022;
- La prova dell'occultamento fraudolento delle scritture oppure la non credibilità delle giustificazioni presentate al curatore fallimentare non possono costituire di per se sole la base di accertamento dello scopo di procurare a se o ad altri un ingiusto profitto o di arrecare pregiudizio ai creditori nel reato di bancarotta fraudolenta documentale. Sent. Cass. n. 2036 del 18.01.2022;
-Il delitto di bancarotta patrimoniale non viene escluso dalla provenienza illecita dei beni distratti, dal momento che la sua configurabilità si esprime in relazione alla consistenza obiettiva del patrimonio, indipendentemente dalla sua formazione; di conseguenza, anche beni con tale provenienza possono costituire cespiti idonei a soddisfare i creditori. Sent. Cass. n. 124 del 05.01.2022.

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