ago012019
Operazioni soggettivamente inesistenti, Cass. 20587/2019
La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 20587 del 2019, ripercorre la disciplina relativa all'onere della prova in tema di operazioni soggettivamente inesistenti.
Tale onere, che grava sulla Pubblica Amministrazione si incentra su due circostanze di valenza costitutiva rispetto alla pretesa erariale, e in particolare: (a) l'alterità soggettiva dell'imputazione delle operazioni, e (b) la consapevolezza in capo al cessionario.
È principio consolidato in giurisprudenza quello per cui "l'Amministrazione tributaria è tenuta a provare, sia pure anche solo in base a presunzioni, che il contribuente, al momento in cui acquistò il bene o il servizio sapeva o avrebbe dovuto sapere che il soggetto formalmente cedente, con l'emissione della relativa fattura, aveva evaso l'imposta o partecipato ad una frode, e cioè che il contribuente disponeva di indizi idonei ad avvalorare un tale dubbio, ovvero, con espressione efficace, a porre sull'avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente".
La Corte ribadisce tale principio, sottolineando che "se al destinatario non compete di norma conoscere la struttura e le condizioni di operatività del proprio fornitore, sorge, tuttavia, un obbligo di verifica, nel limiti dell'esigibile, in presenza di indici personali od operativi anomali dell'operazione commerciale."
In tale ottica, la Suprema Corte ripercorre gli elementi di rilevanza sintomatica dell'operazione soggettivamente fittizia, e cioè: "l'acquisto di beni ad un prezzo inferiore di mercato, la limitatezza dell'eventuale ricarico, la presenza di una varietà e pluralità di soggetti promiscuamente indicati nella documentazione di trasporto e nella fatturazione; la scelta in operare secondo canali paralleli di mercato [...]; la tempistica dei pagamenti, in ispecie se incrociati od operati su conti esteri a fronte di interlocutori nazionali, ovvero se effettuati cash; la qualità del concreto intermediario con il quale sono state intrattenute le operazioni commerciali; il numero, la qualità e la durata delle transazioni, in ispecie a fronte dei rapporti contigui e frequentazioni reiterate con i titolari della cartiera [...]".
Per un'analisi completa si allega la sentenza in oggetto.
Tale onere, che grava sulla Pubblica Amministrazione si incentra su due circostanze di valenza costitutiva rispetto alla pretesa erariale, e in particolare: (a) l'alterità soggettiva dell'imputazione delle operazioni, e (b) la consapevolezza in capo al cessionario.
È principio consolidato in giurisprudenza quello per cui "l'Amministrazione tributaria è tenuta a provare, sia pure anche solo in base a presunzioni, che il contribuente, al momento in cui acquistò il bene o il servizio sapeva o avrebbe dovuto sapere che il soggetto formalmente cedente, con l'emissione della relativa fattura, aveva evaso l'imposta o partecipato ad una frode, e cioè che il contribuente disponeva di indizi idonei ad avvalorare un tale dubbio, ovvero, con espressione efficace, a porre sull'avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente".
La Corte ribadisce tale principio, sottolineando che "se al destinatario non compete di norma conoscere la struttura e le condizioni di operatività del proprio fornitore, sorge, tuttavia, un obbligo di verifica, nel limiti dell'esigibile, in presenza di indici personali od operativi anomali dell'operazione commerciale."
In tale ottica, la Suprema Corte ripercorre gli elementi di rilevanza sintomatica dell'operazione soggettivamente fittizia, e cioè: "l'acquisto di beni ad un prezzo inferiore di mercato, la limitatezza dell'eventuale ricarico, la presenza di una varietà e pluralità di soggetti promiscuamente indicati nella documentazione di trasporto e nella fatturazione; la scelta in operare secondo canali paralleli di mercato [...]; la tempistica dei pagamenti, in ispecie se incrociati od operati su conti esteri a fronte di interlocutori nazionali, ovvero se effettuati cash; la qualità del concreto intermediario con il quale sono state intrattenute le operazioni commerciali; il numero, la qualità e la durata delle transazioni, in ispecie a fronte dei rapporti contigui e frequentazioni reiterate con i titolari della cartiera [...]".
Per un'analisi completa si allega la sentenza in oggetto.